Forse vivere è un continuo prendere le distanze, un inesausto tentativo di affrancamento: “Così, ogni volta che rivedeva la collina dov’era nato, egli si andava convincendo che un mare bisognava cercarlo lontano”, p. 16
O forse, al contrario, vivere è un’incessante ricerca di qualcosa che si è perso per sempre, un senso primitivo e compiuto di cui non resta che una pallida memoria: “All’imboccatura del Noordzeekanaal rividi Ijmuiden, le dune di Zeewijk, e mi richiesi dove avevo già sentito quei nomi. Forse nel sogno, non scherzo, sognavo spesso che prima di nascere ero altrove, con altra gente, e si aspettava tutti quanti seduti per terra, in riga, la schiena contro un muro”, pp. 39-40.
Ma come si fa a proiettarsi in avanti, o a ripiegarsi all’indietro, se siamo chiusi dentro un corpo che si ostina a essere vero solo nel presente? “Ora che la carne si staccava – un salmone in montagna, alla fine della corsa -, ora i pensieri tornavano. Era normale. Era normale? Che tornassero i pensieri, certo, e con loro i desideri, erano loro a voler restare, non la carne, la carne non bruciava più, era calma…”, p. 155.
Allora, forse, viviamo contemporaneamente in due tempi distinti. Il tempo del corpo e il tempo del desiderio: “Facevo il mozzo. […] A Bastia si arrivava verso il tramonto e io terminavo i lavori in fretta per uscire a fare un giro. […] Ma una sera, malgrado avessi preso ogni precauzione, tornai e la nave non c’era più. […] Mi fu chiaro che era esattamente come sostenevano i dottori: c’era un tempo che non mi apparteneva, e se vivevo in quel tempo non avevo paura, anche se del vero tempo perdevo il controllo. Per questo avevo perso la nave”, p. 185.
E l’invincibile nostalgia che accompagna le nostre vite non deriva dallo struggimento per il passato o dall’angoscia del futuro. Deriva dall’impossibilità di far coincidere il tempo del corpo e il tempo del desiderio. Che è poi l’impossibilità di governare il tempo. L’impossibilità di essere eterni: “La nostalgia non è mica una cosa che senti quando sei lontano e pensi a una valle, a una casa, a un marciapiede, al rumore di un torrente, no, ve lo dico io, credetemi, che lo so, la nostalgia la senti quando sei lì e sai che a breve, anche stavolta te ne andrai da una valle, da una casa, da un marciapiede, dal rumore di un torrente. Potresti restare, ma sai che te ne vai, e se ci pensi non sai perché, ma sai bene che troppe cose fanno ancora parte dello stesso gioco”, p. 209.
(Citazioni e suggestioni tratte da Marino Magliani, Carlos Paz e altre mitologie private, Amos Edizioni, 2016).