Il titolo scelto sarà Uccidendo nani a bastonate e a quel punto il dibattito fra i due cambierà tenore. “«A sua volta, il racconto di chiusura conterrà le nostre discussioni sulla ricerca del titolo» «Benissimo. E il racconto si concluderà quando lei troverà il titolo che figura davvero sulla copertina del libro. Sarebbe come l’eterno ritorno, come tornare a cominciare»” (p. 149).

Bertrand Russell, filosofo e matematico, ci ha svelato che i libri autoreferenziali sono inclusi in un catalogo immaginario esente da contraddizioni. Discorso completamente diverso per il catalogo dei libri che non citano sé stessi: deve includere sé stesso? Se non lo fa, dovrebbe. Ma se lo fa, non dovrebbe. In ogni caso si contraddice.
Stiamo divagando, ma, come avrete capito, Uccidendo nani a bastonate è ricco di digressioni, di calcoli matematici, di speculazioni filosofiche. “Dopo aver analizzato e discusso il titolo migliore, Crk e Moyaresmio discutono di come concluderanno la discussione, e poi analizzano l’analizzato e discutono il discusso per trovare il finale del finale, e poi il finale del finale del finale, così via fino ad arrivare all’infinitesimale, dando luogo a un epilogo astratto, incentrato sulla lingua e sull’analisi dell’ultima parola e dell’ultima lettera” (p. 150).
Oltre a soddisfare i criteri logici di Bertrand Russell, Uccidendo nani a bastonate piacerebbe ad Anthony Burgess perché i personaggi sono ultraviolenti, sadici e perversi. Il primo racconto parla di un’anziana torturata per aver urtato un cadì sull’autobus: “Allora avevano cercato di indurla a riflettere con un monologo contrappuntistico di aculei”, “Per ordine del cadì le passarono dei rulli ardenti sul culo e sulla schiena”, “Allora decisero che le avrebbero trasformato le tibie in flauti” (pp. 20-1).
Per lo stesso motivo piacerebbe a William Burroughs, anche perché la Tecnocrazia occidentale dove sono ambientati gran parte degli episodi, con la sua capitale Controllo e il suo Despota Illuminato chiamato Benefattore, assomiglia alla Terra Libera del Pasto Nudo.
La raccolta lusingherebbe Jules Verne che è citato per ben due volte, entrambe apparentemente a sproposito e soprattutto riuscirebbe a convincere chiunque ritenga insoddisfacente il nostro modo, lineare o circolare che sia, di descrivere il tempo.
Laiseca infatti opera in due maniere distinte per mettere in discussione il concetto di tempo.
In primis non prende in considerazione il progresso tecnologico nel suo sviluppo storico:
– stando a La gran caduta dell’immonda vecchia, nell’anno 200 dell’Egira già esistevano gli autobus e la saldatura ossidrica;
– in una realtà palesemente postapocalittica, anziché imprecare, ci si sfoga con esclamazioni bonapartiste: “Corpo di mille galeoni e valchirie con la spada” (p. 142);
– ne La maledizione del clavicordo, Tutankhamon e Čajkovskij si fondono in un unico personaggio: Tutančajkovskij e Wagner, durante gli anni del suo regno, si fa costruire una piramide egizia alta duemila metri;
– uno degli alchimisti del bey della Turchia di Gradinata di gioielli conosce l’uso dell’elettricità e delle cellule fotoelettriche, nonché dei sistemi antincendio, scoperte che il bey sfrutterà per imprigionare, una dopo l’altra, le sue sette mogli.
In seconda battuta, all’interno della metanarrazione di Uccidendo nani a bastonate, tutto avviene nello stesso momento. Contemporaneamente i racconti vengono:
– scritti dall’autore: “Proprio in quel momento le forze della tecnocrazia mandate dal Controllore sferrarono l’attacco congiunto, interrompendo la discussione […] E così non ho potuto scoprire come andava a finire l’analisi di guerra di Josè Garbanzo” (p. 103);
– stampati dal tipografo: “Come le dicevo, Gòmez, errori tipografici che potevano essere perdonati nella versione mohicana, sono intollerabili quando traduciamo in spagnolo. Siamo seri, Gòmez. Sono uno scrittore importantissimo” (p. 99);
– commentati dai personaggi: “È fuori luogo, ma devo dirlo se non voglio scoppiare. Mentre limo il prologo di questo romanzo storico, non posso fare a meno di guardare sulla mia scrivania il volume delle memorie di Metatarso Grullo Periquete […] poi trasformato in salsicciotti per ordine dei giudici, tra i quali ebbi l’onore di figurare” (p. 93).
L’istante che riassume ogni fase della narrazione è naturalmente anche quello in cui il lettore è impegnato nella lettura. Si genera un cortocircuito. Immaginiamo che qualcuno dei personaggi di Laiseca desideri sfruttare questo cortocircuito per provocare un’elettrocuzione: su di sé, su di un altro personaggio, sull’autore, sul lettore. D’altronde “La vita è dura. Meno male che ognuno ha i suoi masochismi per distrarsi” (p. 52).
L’importante è che ciascuno sia in grado di fare i dovuti distinguo. “Devo avvertirla: quello che le riferirò è un racconto solo in parte. Con la chiaroveggenza che la contraddistingue, non dubito che riuscirà a scoprire la verità attraverso il dislocamento delle esagerazioni” (p. 34).
(Giovanni Locatelli)