Giorgia De Maldè

Consulenti e strategie di fuga

 
 

di Davide Predosin

 
 
 

“Sembra impossibile ma correre attorno a un tavolo è il modo più sicuro per sfuggire ai propri inseguitori”, rifletteva Lauto Interstizio facendo l’aerosol.

Proprio quel giorno aveva corso attorno al tavolo della cucina per più di un’ora, quando improvvisamente i consulenti avevano cambiato verso di corsa lasciandolo in braghe di tela. Non aveva potuto far altro che prendere la porta di casa e correre a rotta di collo giù per le scale e per strada.

“Sono vecchi e si affaticheranno facilmente all’aria aperta” aveva pensato.

strategie-di-fugaIl fatto che un’ora dopo, nonostante questi avessero subito desistito, Lauto continuasse a correre spensierato come se si fosse iscritto a una qualunque competizione campestre, è un aspetto della faccenda che per adesso non affronteremo.

Tornato a casa si era addormentato in terrazza e lì aveva contratto una fastidiosa tosse asinina.

Mentre più tardi faceva l’aerosol, aveva ripensato alla fuga e all’opportunità offerta da un’ortodossa circumnavigazione del tavolo.

Avrebbe potuto prevederla quell’inversione di marcia, e invece si era abbandonato all’entusiasmo che accompagna l’illusione di esser liberi.

Bastavano pochi giri, i consulenti avrebbero annunciato con un twitter che la corsa era finita. Avrebbero avuto al massimo la faccia tosta di chiedere proprio a lui, il vincitore, un bicchiere d’acqua. Un bicchierone d’acqua tiepida non si nega a nessuno, ma non avrebbe abbassato la guardia: no, Lauto non era il tipo. L’avrebbe riempito, appoggiato sul tavolo e spinto verso di loro con un selfie-stick, il bicchierone. E quando, finalmente, avessero finito di bere, avrebbe detto loro semplicemente: ed ora fuori.

  1. Chissà perché, poi, lo inseguivano.
  2. Nessuna spiegazione l’aveva mai convinto.
  3. C’erano state quelle telefonate, erano stati educati, pazienti.
  4. Non avevano tralasciato alcun dettaglio.

Forse avevano ragione loro, si ripeteva, e lui torto marcio.

Lauto si sforzava di riprodurre quella prima cocente mortificazione, quando per un attimo gli erano sembrati non buoni per lui. Ma era difficile se non impossibile rimanere saldamente aggrappati a quell’idea, era più facile convincersi di essere in torto marcio.

Per questo, mentre ormai l’aerosol singhiozzava urlando, Lauto si ripeteva che il tavolo costituiva ancora il piano orizzontale più sicuro per fiaccare i consulenti; lavorando sul cambio di passo o passo dell’oca.

 
 
 

Davide Predosin è nato a Venezia il 26 gennaio 1978, attualmente lavora a Roma, dove si è trasferito, gli sembra di ricordare, nel 2004. Ha pubblicato per Gorilla Sapiens nel 2014 Alcuni stupefacenti casi tra cui un gufo rotto e, assieme a Carlo Sperduti, il romanzo epistolare Lo sturangoscia. Suoi racconti compaiono in diverse raccolte sempre edite per Gorilla Sapiens. Al momento raccoglie parte dei suoi scritti nel blog croodismi.wordpress.com/. Questo blog ha già ospitato due suoi racconti inediti.

 
 

Illustrazione originale di Giorgia De Maldè.

 
 
 

 
 

di Carlo Sperduti

 
 
 

L’Oceano Atlantico ridotto in rivoli s’introduce in una chiostra di denti aguzzi e stratificati come cascate e ruscelli tra monti e valli. Siamo in qualche migliaio, affiancati gli uni agli altri in queste capsule diafane, a poterlo vedere. Fluttuiamo, ognuno solo in una sfera, ma possiamo guardare – guardarci – in ogni direzione, i fianchi della ragazza a sinistra.

Ho pagato una cifra inverosimile per trovarmi qui, ora, a qualcuno che non è dei nostri, qualcuno che ci ha affittato – che ha abbandonato a noi – le sue bolle trasparenti ed è fuggito con gli altri, anni luce più in là, un là che non conosco, che non m’interessa. Noi siamo rimasti, alla giusta distanza dal pianeta, con la migliore visuale possibile. Ho pagato in denaro e in disprezzo di amici e genitori – affetti, dicono, ma affetti ha due sensi – che non hanno capito, fuggiti anche loro, la salvezza della razza, il ventre della ragazza a sinistra, non ci si salva davvero o solo così.

Ora si distingue l’altorilievo: Cina, Mongolia, Russia e Kazakistan sollevate insieme. Si distinguono anche le dita. Dopo quel colpo, appena un mese fa, sarebbe stato impossibile nascondere i fatti: le Bìnotizie sono piovute come la pioggia di novemila anni fa di cui nessuno ci aveva parlato prima: abbondante, pesante, viscosa, si è infiltrata al di sotto della crosta terrestre, dal fondo di mari e oceani o dalla superficie dei continenti. L’inquinamento, l’effetto serra, le deforestazioni, i virus, le guerre, i rifiuti tossici, le armi, gli esperimenti nucleari: tutto il male della storia trasformato in bene, pochi chiarimenti sufficienti, per tentare di uccidere Bì, abortire, il rapporto nuca/collo, il rapporto naso/bocca della ragazza a sinistra che infila una mano sotto la gonna.

La testa è completamente fuori, l’oceano dentro, una zampa ha rotto il guscio asiatico e uno sguardo a destra e a sinistra frantuma America, Europa e buona parte dell’Africa. Bì ha uno sguardo neutro, innocente, forse ci vede o forse è troppo presto, forse è affetto che provo nei suoi confronti. A sinistra il movimento che so per istinto, nell’altra bolla: non la sto guardando ma avverto il movimento. Mentre fisso i miei negli occhi di Bì e frammenti del pianeta si disperdono nello spazio, ho un’erezione. Mi volto a sinistra: la gonna le nuota intorno con gli altri indumenti e due dita si muovono in basso, la bocca socchiusa, i seni leggermente cadenti che indicano Bì. Distolgo lo sguardo, il tizio a destra si è già tolto i pantaloni.

Bì non ha più il suo guscio addosso, i movimenti liberi, emette un suono che non so dire, che ci sposta indietro e ci fa procedere al largo in deriva. Mi guardo intorno, vedo gli altri e le altre: fanno tutti la stessa cosa. Io sono tra gli ultimi a cominciare, guardo la ragazza e guardo Bì, stiamo ancora aspettando il meglio e già ci allontaniamo. Bì ripete il suo richiamo e ora è la ragazza a guardarmi guardarla. Lei finisce e chiude gli occhi serena, umida, li riapre e guarda altrove, girandosi, indietro come il nostro viaggio accelerato dal terzo richiamo di Bì. Mi giro anch’io.

Da una distanza che non calcolo, si avvicinano il padre e la madre.

 
 

Carlo Sperduti è nato a Roma nel 1984. Ha pubblicato, con Intermezzi Editore, Caterina fu gettata (2011), Valentina controvento (2013), Ti mettono in una scatola (2014); con CaratteriMobili Le cose inutili (2015); con Gorilla Sapiens Edizioni Un tebbirile intanchesimo e altri rattonchi (2013), Lo Sturangoscia (2015, a quattro mani con Davide Predosin). È in uscita per Gorilla Sapiens Edizioni, a marzo 2016, la raccolta di racconti Sottrazione.

 
 

Illustrazione originale di Giorgia De Maldè.