Sono fermo a Pagina 143 da quanto? Non lo so da quanto, era autunno.
Il tempo di norma lo misuro in pagine. Una pagina più o meno buona è un giorno più o meno buono. Poi arriva una Pagina 143 qualunque e allora ti sembra di poterci morire a Pagina 143, di poterci morire e rinascere. Una pagina è una vita, una pagina è molte vite.
Pagina 143 è la sosta che minaccia la fine, l’extrasistole che confonde e spaventa. È l’imprevisto atteso, l’incidente inevitabile, il sacrificio necessario. Pagina 143 è memento mori. Il Golgota sotto il quale il primo uomo è stato sepolto e il primo fra gli uomini ha versato il sangue per riportarlo in vita. È lo specchio in cui cercarsi riflessi per
immaginarsi altri e altrove, e lì raggiungere l’effimero grado di separazione capace di renderci credibili.
Non si scrive per gli altri, forse non si scrive nemmeno per se stessi. Non c’è nessuno a Pagina 143, solo l’ambizione della solitudine e la presunzione di saperne sostenere l’abbraccio.
Non ve l’avevano detto? Cinque, dieci, quindici pagine al giorno. Scrivere e riscrivere. Anatema sugli avverbi di modo. Anatema sulle ripetizioni. E neanche una parola su Pagina 143? Devo immaginare, quindi, che non vi abbiano parlato nemmeno del profondo buco nel quale dovrete seppellire il frutto del vostro lavoro, quando il presuntuoso genio della letteratura che si annida in voi lo riterrà compiuto. Non vi hanno detto che, come moderni Abramo della parola, sarete chiamati a sacrificare il vostro prediletto, a scacciarlo quanto più lontano potrete perché solo la distanza è capace di limitare, mai cancellare, il difetto di prospettiva causato dalla paternità.
Pensate che la questione non vi riguardi? Sostenete di essere un’eccezione? Citatemene una di eccezione, ma datemi un nome degno della carta sacrificata per contenerlo. Vediamo quanto è vasto l’abisso nel quale dovrete andare a recuperarlo.
Molte cose vi hanno taciuto. È un problema vostro, al momento io ho altro a cui pensare. Ho le mie buche che attendono di essere riaperte per vedere se il sacrificio e l’attesa hanno prodotto frutti commestibili o solo ciarpame. Non oggi però, oggi sono intrappolato a Pagina 143 e domani non accenna a venire.
(Gianni Usai)
Illustrazione originale di Elena Baila.
Elena Baila, artista poliedrica, visual&sound storyteller. Ha partecipato a svariate letture, esposizioni personali e collettive, ha collaborato e pubblicato elaborati artistici, fotografici e testi con diverse riviste e case editrici.