Due poesie

 

di Michele Miccia
 

 

Si forgia di silenzi
come nei tronchi dove tra
un cerchio e l’altro c’è
un lavoro che non si vede,
è inevitabile il suo corpo,
sta qui, a chiedere la presenza,
lo conduce per mano
nei suoi bisogni quotidiani,
sul muro incide a fuoco
le tacche che designano
le crescite e le stasi,
la linea estrema della piena
che porta scompiglio nelle famiglie
dei roditori, l’ultima
lo sospinge più suAlexei-Jawlensky-Murnau-Landscape
per staccarlo da un gregge
rimasto senza corsa.

 

 

 

Agisce in sordina, non vuole farsi
sentire, presente e non essere
visto, ascolta i dialoghi che
vanno per conto loro
senza incidere, ma sono i suoi tendini
che stridono alla fatica, le sue ossa
che scrocchiano, l’intestino che strappa,
il suo corpo non è in silenzio,
attira le mosche e la polvere,
risponde a sua insaputa,
senza poterci fare nulla,
continua ad adescare, si
spiega con la carne la carne.

 
 

Michele Miccia, nato nel 1959, vive e lavora a Parma. Comincia a scrivere adolescente e a venticinque anni decide di smettere, cestinando quanto sin lì prodotto. Nel 2006 riprende a scrivere. Dal 2006 al 2011 pubblica in varie antologie poetiche. Nel 2011 pubblica, stampandolo in proprio, Il ciclo dell’acqua – Parte di sotto. Entro l’anno in corso pubblicherà per i tipi de L’arcolaio Il ciclo dell’acqua – Parte di dentro, raccolta della quale fanno parte le due poesie che qui presentiamo; altre poesie della medesima raccolta sono già state ospitate (qui e qui) su questo blog. Sue poesie sono apparse su diversi blog e in riviste cartacee.

 

L’immagine proviene da qui.

 
 

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